Luca Parodi
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Cosa vuol dire fare la cosa giusta?
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Cosa vuol dire fare la cosa giusta?

Potrà sembrare una domanda semplice, ma si tratta di una delle questioni centrali di una delle discipline filosofiche più interessanti: la metaetica.

Immagina di trovarti di fronte a una decisione morale, una che può capitarti in un giorno qualsiasi. Per esempio, se vedi qualcuno che lascia cadere il portafoglio, dovresti restituirlo o tenertelo?

I ragionamenti etici quotidiani ci dicono cosa dovremmo fare in una situazione del genere, concludendo nella maggior parte dei casi che in effetti dovremmo restituire il portafoglio. Fin qui tutto bene. Ma cosa succede se iniziamo a fare domande più profonde, come "cosa significa dire che restituire il portafoglio è la cosa giusta da fare?". Succede che entriamo nel misterioso territorio della metaetica.

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Prima definizione

La metaetica è una disciplina filosofica che esamina i fondamenti dell’idea stessa di moralità. Non cerca di rispondere alla domanda “è giusta o sbagliata questa cosa?”, ma si pone domande che potremmo definire di secondo ordine, come “cosa significa dire che una cosa è giusta o sbagliata?". Questo campo di studi può sembrare astratto, ma è fondamentale per capire come pensiamo alla moralità e come prendiamo decisioni etiche.

L’omicidio è sbagliato?

Prendiamo un classico tema della metaetica, affrontato da molti filosofi e da persone comuni e sintetizzato benissimo in un noto passaggio dl libro “I Fratelli Karamazov” di Dostoevskij:

Ma allora, domando, che sarà dell’uomo? Senza Dio e senza vita futura? Tutto è permesso dunque, tutto è lecito?

Che riformulato in maniera più pratica potrebbe suonare come:

Se Dio non esiste allora non esiste un fondamento per i valori morali, quindi l’omicidio stesso non è sbagliato.

Questa affermazione tocca la questione della fonte stessa dei valori morali. Alcuni potrebbero argomentare che senza un Dio o una fonte trascendente di valori morali, non ci sarebbe un modo oggettivo per stabilire se l'omicidio sia giusto o sbagliato. Altre teorie metaetiche sostengono invece che i valori morali esistono indipendentemente dall'esistenza di un Dio, ed essi ci dicono che l’omicidio è sbagliato. Altre teorie ancora sostengono che i valori morali sono soggettivi o relativi e che la loro validità dipende dalle convinzioni e dalle norme sociali. Il fatto che nella nostra società l’omicidio è considerato sbagliato ne giustifica l’immoralità.

Quindi come possiamo vedere la risposta alla domanda di questo paragrafo non è univoca e dipende dalla prospettiva metaetica adottata.

Diversi approcci

In estrema sintesi la metatica può riferirsi a quattro diversi approcci:

  • Epistemologia. Questa è la branca della filosofia che si occupa della natura, della possibilità, dell'origine e della portata della conoscenza. Da questa prospettiva possiamo chiederci se e come possiamo conoscere se l'omicidio è sbagliato. I sostenitori della prospettiva nota come realismo morale, ad esempio, sostengono che possiamo avere una conoscenza oggettiva e veritiera che l'omicidio è sbagliato, mentre i loro oppositori, gli antirealisti morali, sostengono che non esistono fatti morali oggettivi, e quindi non possiamo conoscere in modo oggettivo se l'omicidio è sbagliato.

  • Metafisica. Questa è la branca della filosofia che studia la natura ultima della realtà. Dal punto di vista metafisico, possiamo chiederci a cosa ci riferiamo quando puntiamo il nostro dito verso l’immoralità dell'omicidio. I naturalisti morali sostengono che le affermazioni morali, come "l'omicidio è sbagliato", si riferiscono a dei veri e propri fatti naturali o empirici. Al contrario, i non-naturalisti sostengono che le affermazioni morali non possono essere ridotte a fatti non morali. Gli antirealisti sostengono che le affermazioni morali non corrispondono a nessuna realtà indipendente.

  • Filosofia della mente. Questa è la branca della filosofia che si occupa della natura della mente e dei suoi rapporti con il mondo fisico. Da questo punto di vista, possiamo chiederci cosa significa dire che percepiamo o crediamo che l'omicidio sia sbagliato. Alcuni filosofi sostengono che il fondamento dell’idea di giustizia sia solo nella nostra mente, e che per esempio percepire o credere che l'omicidio sia sbagliato sia un fatto psicologico, che può essere spiegato in termini di stati mentali come le emozioni, i desideri o le intenzioni. La giustizia, in sostanza, sarebbe nient’altro che un’espressione delle nostre emozioni personali.

  • Filosofia del linguaggio. Questa è la branca della filosofia che studia la natura del linguaggio e del significato. Da questo punto di vista, possiamo chiederci cosa significa dire la frase "l'omicidio è sbagliato". Gli espressivisti sostengono che queste affermazioni esprimono attitudini emotive o valutative, piuttosto che descrivere fatti oggettivi. I fictionalisti morali sostengono che le affermazioni morali sono come le affermazioni in un romanzo di finzione: possono essere coinvolgenti e significative, ma non corrispondono a nessuna realtà indipendente.

La metaetica, dunque, si chiede

  1. Possiamo conoscere cos’è la moralità? Se sì, in che modo?

  2. A cosa ci riferiamo quando diciamo che una cosa è “giusta” o “sbagliata”? A un fatto naturale, soprannaturale o a qualcos’altro?

  3. Cosa vuol dire credere che qualcosa sia giusto? È possibile dire che il fondamento dell’idea di giustizia sia solo nella nostra mente?

  4. Cosa diciamo realmente quando diciamo che una è giusta o sbagliata?

Diverse prospettive

Esistono diverse prospettive, all’interno della vasto dibattito sulla metaetica, tra cui

  • Naturalismo: Il naturalismo morale sostiene che le affermazioni etiche possono essere ridotte a fatti non etici, come fatti sulla psicologia umana o sul mondo naturale. Questa prospettiva può spiegare le affermazioni morali in termini di fenomeni naturali o empirici.

  • Non-naturalismo: Il non-naturalismo morale sostiene che le affermazioni morali si riferiscono a fatti etici che non sono riducibili a altri tipi di fatti non morali. Secondo questa prospettiva, le verità morali sono una categoria fondamentale di verità a parte da quelle scientifiche, empiriche o logiche.

  • Sovrannaturalismo: Il sovrannaturalismo morale sostiene che le verità morali derivano da una sorgente sovrannaturale, come Dio. Secondo questa prospettiva, le affermazioni morali sono veritiere o false in base alla volontà di una divinità o a una legge morale universale stabilita da una divinità.

  • Realismo morale: Il realismo morale sostiene che esistono fatti morali oggettivi e indipendenti dai nostri pensieri o sentimenti. Secondo questa prospettiva, affermazioni come "l'omicidio è sbagliato" sono veritiere indipendentemente da ciò che chiunque pensa a riguardo.

  • Antirealismo: L'antirealismo morale sostiene che non esistono fatti morali oggettivi. Secondo questa prospettiva, le affermazioni morali non descrivono il mondo, ma esprimono piuttosto le nostre attitudini o sentimenti.

  • Fictionalismo: Il fictionalismo morale sostiene che le affermazioni morali sono simili alle affermazioni in una storia di finzione: possono avere un senso interno, ma non fanno riferimento a fatti reali del mondo. Secondo questa prospettiva, quando affermiamo "l'omicidio è sbagliato", stiamo partecipando a un tipo di "gioco" linguistico che non ha una corrispondenza con la realtà oggettiva.

  • Espressivismo: L'espressivismo morale sostiene che le affermazioni morali non descrivono il mondo, ma esprimono piuttosto attitudini emotive o valutative. Secondo questa prospettiva, dire "l'omicidio è sbagliato" equivale a esprimere un sentimento negativo verso l'omicidio.

Ma come la pensano i filosofi contemporanei sulla questione? Un sondaggio fatto nel 2020 dal sito PhilPapers, in cui sono stati intervistati diversi filosofi di professione, ha rivelato che una significativa maggioranza tende verso il realismo morale. Sebbene questo non ci dica nulla di filosofico sulla bontà del realismo morale è comunque interessante chiedersi il perché di questa maggioranza.

Perché la metaetica è utile

Anche se può sembrare un campo astratto e lontano dalla vita quotidiana, la metaetica gioca un ruolo fondamentale nel modellare la nostra comprensione della moralità e dei nostri comportamenti.

Conoscerne anche a grandi linee i riferimenti generali può aiutarci a riflettere criticamente sulle nostre convinzioni morali e sui valori che sosteniamo. Facendolo possiamo navigare nelle discussioni di tutti i giorni, capire meglio le posizioni altrui e a sostenere le nostre posizioni con argomentazioni più robuste.

Può aiutarci, infine, a vedere le implicazioni delle diverse teorie etiche, a sviluppare un pensiero critico e a prendere decisioni più informate, vivendo in ultima analisi una vita più in linea con ciò in cui crediamo veramente.

Conclusione

La metaetica, come studio del significato e della natura della moralità, offre uno strumento prezioso per interrogare le nostre convinzioni più profonde sull'etica e la giustizia. Nonostante sia un campo altamente teorico la metaetica ha implicazioni concrete per il modo in cui viviamo le nostre vite e interagiamo con il mondo.

Il modo in cui affrontiamo i problemi della metaetica può influenzare le nostre opinioni su questioni fondamentali come la giustizia, i diritti umani e l'etica. Ad esempio, se aderiamo al realismo morale, potremmo essere più propensi a sostenere interventi politici o sociali per affrontare ingiustizie apparentemente oggettive. Se, invece, siamo antirealisti morali, potremmo essere più tolleranti nei confronti di pratiche che divergono dalle nostre. Infine, se siamo emotivisti, potremmo vedere i nostri giudizi morali più come espressioni di come ci sentiamo rispetto a come le cose 'dovrebbero' essere.

In un mondo sempre più complesso e interconnesso, la capacità di riflettere criticamente sulla moralità è più importante che mai. Che a farlo siano i filosofi professionisti o semplicemente persone interessate a capire meglio il mondo, la metaetica ha molto da offrirci.


Per chiudere vi invito ad iniziare a costruire la vostra prospettiva sulla metaetica rispondendo nei commenti a queste 5 domande.

  1. Quando diciamo "rubare è sbagliato", che cosa stiamo realmente dicendo? Stiamo facendo una dichiarazione sulla realtà, come dire "la Terra gira intorno al sole", o stiamo solo esprimendo il nostro disgusto personale per il furto, come dire "non mi piace l’Amatriciana"?

  2. Quando parliamo di "bene" e "male", stiamo parlando di qualcosa di reale e universale come la gravità, o sono solo opinioni personali che cambiano da persona a persona, come la preferenza per il cioccolato al latte o fondente?

  3. Da dove viene l'idea di "dovrei" o "non dovresti"? Perché dobbiamo fare la cosa "giusta"? È perché un entità superiore ci punirà se non lo facciamo, o c'è qualche altra ragione misteriosa per cui siamo obbligati a comportarci in un certo modo?

  4. Possiamo mai veramente conoscere ciò che è giusto o sbagliato, in modo simile a come conosciamo il fatto che 2 + 2 fa 4? O capirlo è più come cercare di capire se un film è bello o no, come se la risposta dipendesse dai gusti individuali?

  5. Quando diciamo "dovresti fare la cosa giusta", questo implica automaticamente "vuoi fare la cosa giusta"? Se il mio amico mi dice che non dovrei mangiare la sua ultima fetta di torta al limone, significa automaticamente che non voglio farlo?

Grazie per aver letto. Questo post è pubblico quindi sentiti liber* di condividerlo.

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Idee, concetti e strumenti per imparare a pensare meglio.