Quando le cose che fanno ridere non fanno ridere
L'ironia è bella e i meme possono essere un faro di gioia nelle giornate cupe. Ma si potrebbe dire che non sempre un meme che ci fa ridere dovrebbe farci ridere?
Stamattina in un gruppo WhatsApp di cui faccio parte è stato mandato un meme di TikTok1 da una ragazza. Ecco qui l’imputato:
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A rischio di risultare pesante (chi mi conosce nella vita reale spero sappia che tendenzialmente non lo sono affatto) devo dirlo: questo tipo di ironia sugli uomini mi mette molto a disagio. Lungi da me fare il censore e quant'altro, ma non posso non notare quanto poco empatica e discriminatoria sia. E così come cerco di far notare ai miei amici maschi quando i loro meme e la loro ironia sulle ragazze sono spiacevoli e discriminatori cerco di non limitarmi ai generi in questa mia pedante missione. Ovviamente ci tengo a specificare che sono assolutamente ben disposto a ricevere simili osservazioni e a cambiare il mio atteggiamento laddove possa risultare in qualche modo discriminatorio.
Come già accennato chi ha avuto la sfortuna di conoscermi di persona sa bene quanto io sia e sia sempre stato una persona che se ne fotte delle convenzioni, che ha un senso dell’umorismo piuttosto spiccato e black e che è molto rigida nel desiderare la totale libertà di espressione e di parola. Nonostante questo negli ultimi anni ho avuto modo di riflettere accuratamente su certi temi e ho realizzato che ancora troppo spesso tutti noi tendiamo a commettere per leggerezza (e non per malizia) delle sviste nel modo in cui ci esprimiamo che possono far star male il prossimo.
Lo faccio anch'io, è chiaro, e cerco di redarguirmi e di autocorreggermi ogni volta2, un passettino alla volta puntando a un modo di esprimermi che sia allo stesso tempo libero e ironico e inclusivo, non giudicante e il più possibile empatico3. Quando, dunque, sento che un uomo viene oggettificato4 ("madonna che fregno quel tizio, me lo scoperei") o preso in giro (come in questo meme) tendo a sentirmi molto a disagio. Ovviamente mi sento più a disagio quando ciò avviene nei confronti di un uomo di quando avviene nei confronti di una ragazza per ovvie ragioni di consessaneità5, ma vorrei comunque oppormi a entrambe le robe con la stessa onesta assertività.
I meme non sono mai "semplice ironia" o "dai lasciateci divertire con leggerezza" (ne è testimonianza la famosa Great Meme War del 2016, che diede una grande spinta alla vittoria di Trump), e possono a volte riflettere delle tendenze culturali disfunzionali. Da un lato abbiamo una lunghissima trafila di meme di merda che celebrano la mascolinità tossica. Dall'altro ci sono i meme come questo, che criticano e canzonano l'uomo in quanto dater - quando va “bene” solo nei suoi approcci e nel suo modo di esprimersi, ma quando va male addirittura nella sua apparenza e nelle sue caratteristiche (l'ironia sugli uomini bassi, ad esempio).
In tal senso è forse opportuno ricordare che il tasso di suicidi tra gli uomini è in forte aumento e che spesso e volentieri dietro a tali suicidi c'è un fortissimo isolamento relazionale678. Non è difficile immaginare che molti dei giovani uomini con tendenze depressive maggiori che hanno ideazioni suicidiare o che sfortunatamente vanno oltre le ideazioni siano magari uomini che approcciano male come approccia male il tizio del meme perché non hanno skills sociali, perché non si sentono o non sono abbastanza fighi e carismatici per approcciare una ragazza con la fila in maniera sicura di se, o magari sono brutti e hanno ricevuto nella loro vita solo rifiuti, porte in faccia e prese per il culo. Sì sì, lo so: tra tali approcciatori ce ne sono di viscidi e stronzi. Ma volevo dire che ci sono anche uomini con delle oggettive difficoltà. Quindi al posto di creare meme che gettino benzina sul fuoco di una situazione sociale già di per sé deprimente e sconfortante per tutti avrebbe forse senso empatizzare tutti un po’ di più ed essere un po’ meno leggeri su certe tematiche.
Per fare un esempio che può rischiare di farmi apparire come presuntuoso paladino della giustizia9 dirò che per me non è e non è stato affatto facile - da uomo cresciuto in un ambiente tossico, conservatore e maschilista - decostruire piano piano il mio modo di esprimermi per adottare nuove abitudini linguistiche. Ho fatto lo sforzo di essere pesante con me stesso, abituandomi a non ridere, a ridere un po’ meno o a ridere provando disagio quando di fronte a delle ironie discriminanti nei confronti di categorie già discriminate che un tempo mi facevano ridere. Ho fatto lo sforzo di non godermi alcune conversazioni con i miei amici maschi e di far notare loro, passando per pedante, che si stavano comportando da stronzi per le cose che stavano dicendo.
Non è facile, ma è così che personalmente ho interpreto e praticato la lotta per la parità di genere negli ultimi anni. Non basta scendere in piazza, pubblicare stati su Instagram e scandalizzarsi giustamente per le cose più vistose per cambiare le cose, ma serve impegnarsi giornalmente con se stessi (pagandone un prezzo) nel cercare di sradicare certe abitudini comportamentali. E questo cambiamento non può che passare attraverso l’empatia, la compassione e il perdono.
Qual è la morale della storia? Che sarei un bimbo molto felice se tale sforzo venisse praticato da più persone nei confronti di ogni forma di discriminazione.
Per tutti i Gen-Z che leggono: abbiate pietà di un tardo-millennial letterato che usa termini come “meme di TikTok”
Spoiler: fallisco totalmente nel non disprezzarmi anche quando commetto certi errori.
Sto ancora cercando di capire come risolvere quello cha appare come un paradosso zen: come conciliare libertà di espressione, spontaneità e creatività con il cercare di usare un linguaggio più inclusivo ed empatico? Ancora non ho una risposta
Me n’è capitata anche un’altra, di recente: una storia IG in cui viene reputato divertente questo spot con Roger Federer, che è tremendamente oggettificante e sessista.
Ho scoperto facendo una ricerca su Google e su ChatGPT che consessanio/consessaneità potrebbero essere dei mezzi neologismi, con i quali intendo con (insieme a) + sessanio (appartenente allo stesso sesso). Non sono un linguista e potrebbe essere una mezza cazzata, ma semmai questo termine dovesse prendere piede voglio i diritti d’autore e una quota di maggioranza sull’uso della parola. Grazie.
Che non sono affatto, ndr